Paul MacLean è stato l’antesignano della teoria dei tre cervelli, oramai dimostrata. Il cervello viene visto nei suoi tre sistemi principali: il cervello Rettiliano (tronco dell'encefalo), il cervello Mammifero (sistema limbico) e la Logica (neocorteccia). Il modello della struttura e dell'evoluzione dell'encefalo, é descritto quindi come triune brain ("cervello uno e trino"), perché sono individuate tre formazioni anatomiche e funzionali principali che si sono sovrapposte e integrate nel corso dell'evoluzione. A queste tre formazioni egli ha dato i nomi di cervello rettiliano (protorettiliano, R-complex), mammaliano antico (paleo-mammaliano, sistema limbico) e mammaliano recente (neomamma-liano). 
Tale suddivisione è chiaramente una semplificazione in quanto piccoli centri nervosi riferibili al sistema limbico o al neomamma-liano possono essere trovati, come "primordi", nei rettili).
 
Il cervello rettiliano, il più antico, è la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee autonome, del territorio, della conquista e della difesa, dei comportamenti che riguardano l'accoppiamento, la risposta attacco-fuga, ed anche quelli che avvengono in un gruppo e che formano le gerarchie sociali. I rettili, creature a sangue freddo, hanno solo questa parte; negli esseri umani (che conservano le stratificazioni dell’evoluzione) quest'istanza può esser considerata la parte animale e più arcaica, a contatto con gli istinti primordiali e le reazioni autonome di fuga ed attacco, ma anche di quelle più complesse come la competizione, in totale assenza di coscienza morale. RETTILIANO: cobra, predatore, rapido, funziona con eros, aggressivo, autoriferito, amore erotico edonista. rettiliana: corpo, respiro, sensazioni, contrazioni, fisicità dell’esperienza, il cuore che batte, caldo/freddo.
 
LIVELLI del RETTILE
1°- territorialità, possesso, aggressività (problemi di cibo, di digestione)
2°- sessualità e sopravvivenza che servono alla specie (problemi di competizione, timidezza, paura di combattere)
3°- mappe del territorio rigide con comportamenti stereotipati e ritualistici (traumi)àApprendere ad uscire dalle cose che la gente considera sicure. Il disorientamento è tipico di questa situazione patologica del rettile.
4°- sopravvivenza da attacco del predatore (impotenza, rassegnazione, programma di morte).

 Il sistema limbico (mammifero) è l'evoluzione della parte rettiliana che rappresenta un progresso del sistema nervoso, aumentando le capacità di affrontare l'ambiente. Parti di esso sono correlate al nutrimento, altre ai sentimenti e alle emozioni, altre ancora collegano i messaggi esterni con quelli endogeni (sostanze prodotte dal nostro corpo). Essendo la sede delle emozioni è quella parte di cervello che ci permette anche di prenderci cura; non a caso i mammiferi sono gli unici animali che si prendono cura della prole, che si proteggono nel branco con la vicinanza ecc. Questo cervello può essere considerato la nostra parte più calda, quella parte che si emoziona di fronte alle cose, la nostra parte bambina, IL CUORE. Con questo cervello si è sviluppato il senso di attaccamento (teoria che è alla base della psicoterapia moderna), che permette la sopravvivenza anche fisica degli esseri viventi attraverso il legame affettivo-emotivo e la coesione sociale. EMOZIONALE: bimbo, cucciolo, mammifero, affettiva, materna, amore compassionevole, agape, eteroriferita limbico-ipotalamico: che emozione sperimento quando presto attenzione a questa immagine o questo oggetto (tristezza, paura rabbia, gioia, piacere, timore, fastidio, disgusto e tutte le sfumature).

La neocorteccia (più recente) è quella parte del cervello che è sede del linguaggio, e di quei comportamenti basati sul problem solving che ci permettono di affrontare situazioni nuove e di prevedere il futuro: le funzioni cognitive e razionali; crea le connessioni tra i fenomeni che ci accadono determinandone delle cause in funzione delle conoscenze soggettive; quest'istanza può esser considerata come la nostra parte adulta, quella che dovrebbe comprendere e filtrare gli altri due cervelli per decidere.  Riassumendo racchiude tutte le funzioni cognitive e razionali. MENTALE: razionale, fredda, tende alla distanza, arrogante, convinta di sapere, stanca perché si prende la responsabilità. Amore idealizzante (filia). Neopalio-corteccia: immagini, pensieri, ricordi, associazioni, cognitivo
 
A causa delle nostre esperienze passate, spesso i tre cervelli non sono in equilibrio.Queste tre istanze, si possono considerare unite ed al tempo stesso separate tra di loro, ma nell’essere umano l’insieme è più della somma delle parti; ed è quindi grazie alla scoperta del lobo frontale, della capacità di acquisire nuovi comportamenti e nuove esperienze (la coscienza), gran parte del lavoro in psicoterapia è incentrato, tramite il lavoro esperienziale, sulla consapevolezza e conseguente armonizzazione delle parti inespresse o ipertrofiche. Esiste infatti una quarta istanza, La Coscienza, che  ha il difficile ruolo di essere madre e padre dell’organismo e di assumersi la responsabilità, di proteggere e dare direzione.
COSCIENZA  LOBO FRONTALE, PiU' RECENTE, è L’IO (amore autentico) che diventa madre e padre di se stesso.

Gran parte del lavoro in terapia si orienta verso l'armonia della persona, sbloccando quelle energie che non vengono espresse o ascoltate per nutrire e lasciare libera espressione al Vero Sè. Viene promossa la coscienza che indirizza la volontà verso un'azione consapevole. 
 
I tre cervelli
 

La cultura popolare porta a ritenere che le persone logiche, metodiche e analitiche siano dominate dall’emisfero sinistro del cervello, mentre i creativi, gli artisti, siano dominati dalla parte destra. Il punto è che la scienza non ha mai sostenuto questa teoria. Le Neuroscienze stanno modificando ampiamente anche il vecchio concetto di dominanza emisferica rispetto alla visione del cervello sinistro come deputato al linguaggio, al pensiero logico e razionale vs. il destro, considerato analogico e collegato ai processi creativi, alle immagini e così via. Gli strumenti di ricerca neurologica più recenti, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia a emissione di positroni (PET), permettono, oggi, di visualizzare le variazioni dell’attività cerebrale e di comprendere più a fondo il funzionamento del cervello, associando la funzione studiata con l’attivazione di una o più aree del cervello. Alla luce di questi studi, la distinzione dicotomica “emisfero destro” – “emisfero sinistro” (pur nella sua validità) appare un po’ troppo semplicistica, incompleta e imprecisa. 

Gli scienziati:

Il dottor Jeff Anderson e i suo team, (fMRI Neurosurgical Mapping Service Università dello Utah),hanno esaminato scansioni del cervello di soggetti tra i 7 e i 29 anni, a riposo. Hanno cercato attività in oltre settemila regioni cerebrali ed esaminato le connessioni neuronali all’interno e tra queste regioni. Anche se hanno rilevato complessi di intenso traffico neuronale in alcune regioni chiave, mediamente entrambi i lati del cervello erano essenzialmente paritari in quanto al coinvolgimento delle reti e delle connessioni neuronali.  Non sono stati osservati schemi nei quali tutta la rete dell’emisfero sinistro, o tutta quella dell’emisfero destro, è più interconnessa in specifici soggetti (Jared Nielsen). Basandosi sull’analisi di oltre 1.000 cervelli, non hanno evidenziato alcuna prova del fatto che le persone, in via preferenziale, utilizzino uno dei due emisferi cerebrali per tutta la durata degli esperimenti (PLOS ONE, il 14 agosto 2013). Non si tratta di demitizzare la questione ma di comprendere meglio la lateralizzazione cerebrale per migliorare condizioni quali la sindrome di Down, l’autismo o la schizofrenia, dove gli emisferi destro e sinistro giocano ruoli atipici.

Il mito delle persone che usano di più la parte sinistra del cervello, o quella destra, ha avuto inizio dalla ricerca, vincitrice di un Premio Nobel, di Roger Sperry, risalente agli anni ’60. Sperry studiò i pazienti affetti da epilessia, trattati chirurgicamente in maniera da dividere il cervello lungo il corpo calloso. Siccome il corpo calloso collega i due emisferi del cervello, la parte sinistra e quella destra, in questi pazienti, non potevano più comunicare. Attraverso una serie di studi brillanti, Sperry determinò quali aree del cervello erano così coinvolte nel linguaggio, nella comprensione della matematica, nel disegno e in altre capacità. In seguito, sulla base di questi studi, qualche psicologo entusiasta ha ipotizzato che le differenti personalità e altri attributi umani fossero determinati dal fatto che uno dei due emisferi fosse dominante rispetto all’altro. conosciamo le specifiche di ciascun emisfero: quello sinistro, razionale, concreto, logico, lineare, analitico, matematico; quello destro, emotivo, creativo, immaginativo, intuitivo, olistico. Più in generale, tradizionalmente si associa l’emisfero destro – che si potrebbe considerare un po’ “emisfero ingegnere” – alle abilità spaziali e di ragionamento logico, quello sinistro – che invece si può immaginare come “emisfero poeta” – alle abilità verbali. Ebbene, gli emisferi sono connessi fra loro da un insieme di fibre denominate corpo calloso che sarebbe maggiormente spesso nelle donne così facilitando in qualche modo, nel sesso femminile, la comunicazione interemisferica. 

 E' quindi preferibile parlare di specializzazione emisferica: il ruolo emisferico del funzionamento mentale sembra esprimere la prevalenza di un'emisfero su unaltro in rapporto a una determinata funzione.La precedente descrizione del nostro cervello appare, oggi, superata e, soprattutto, parziale.

Il cervello ha una struttura reticolare e le connessioni tra le diverse aree rappresentano un fattore cruciale nel suo funzionamento.Thomas Bever (University of Arizona), ha evidenziato, fin dagli anni ’70, che la musica viene “elaborata” dall’emisfero destro nelle persone “comuni”, mentre nei musicisti professionisti (e negli esperti di musica) viene attivato principalmente l’emisfero sinistro. Howard Gardner (Harvard University), durante le sue ricerche all’inizio degli anni ’90 presso il Veterans Administration Hospital di Boston, aveva notato che persone cerebrolese avevano perso alcune capacità, ma ne avevano mantenute integre altre. Un compositore non era più in grado di leggere le parole né di nominare gli oggetti, ma poteva ancora leggere la musica ed era in grado di comporre; altri soggetti con gravi danni all’emisfero sinistro (sede del linguaggio) erano capaci di raccontare barzellette e di capire le metafore. Il neuroscienziato indiano Vilayanur Ramachandran, ha evidenziato che le persone che avevano lesioni nella circonvoluzione angolare nel lobo parietale di sinistra non erano in grado di capire le metafore, pur comprendendo bene il linguaggio. Stephen Kosslyn (neurobiologo cognitivo docente ad Harvard ,“Top Brain, Bottom Brain: Harnessing the Power of the Four Cognitive Modes”), prpone un nuovo approccio che analizza le distinzioni tra “Cervello Alto” e “Cervello Basso”: nelle ricerche sulla formazione di immagini mentali a occhi chiusi, Kosslyn ha notato una “via neurale” che coinvolge la parte “alta” del cervello (che comprende il lobo parietale e la parte superiore del lobo frontale), che utilizza le informazioni provenienti dall’ambiente per decidere gli obiettivi e le strategie da seguire. Nella parte “bassa” (formata dalla sezione inferiore del lobo frontale e dai lobi temporale e occipitale) sembra attiva una diversa “via neuronale”, che confronta le percezioni con le informazioni in memoria per interpretare e classificare oggetti e situazioni. 

Non è semplice descrivere che cosa accade nel nostro cervello quando pensiamo, quando elaboriamo gli stimoli sensoriali, quando pianifichiamo o eseguiamo attività motorie; sappiamo, però, che vengono coinvolte numerose aree dei diversi lobi (frontale, parietale, temporale e occipitale) in entrambi gli emisferi. Quali “aree” del cervello attiviamo durante il processo creativo? Numerosi neuro scienziati, come Jeremy Gray (Michigan State University), Adam Green (Georgetown College), John Kounios (Drexel University, Philadelphia ), Rex Jung (University of New Mexico), Kalina Christoff (University of British Columbia) stanno esplorando che cosa accade realmente nel cervello durante il processo creativo. Emergono tre aree o, meglio ancora, tre “network”, che sono coinvolti nelle varie fasi (chiarificazione, ideazione, elaborazione, selezione, applicazione) del processo creativo. Se svolgiamo attività che richiedono un’attenzione focalizzata, come, ad esempio, seguire una lezione impegnativa o analizzare un problema complesso, si attivano connessioni (Executive Attention Network) tra le regioni della corteccia prefrontale e le aree della parte posteriore del lobo parietale. Quando dobbiamo costruire immagini mentali di esperienze passate, pensare a progetti futuri o immaginare alternative a scenari attuali, entrano in azione aree profonde della corteccia prefrontale, del lobo temporale e varie regioni (esterne ed interne) della corteccia parietale. Questa rete di collegamenti (Imagination Network) è coinvolta anche nelle relazioni sociali, quando cerchiamo di immaginare, ad esempio, a che cosa stia pensando il nostro interlocutore.
Il terzo “circuito cerebrale” (Salience Network) monitora costantemente sia gli eventi esterni, sia il flusso di coscienza interno e, a seconda delle circostanze, dà la precedenza alle informazione più salienti per risolvere il compito. Coinvolge la corteccia prefrontale mediale (cingolata anteriore) e la corteccia insulare anteriore. Questo “circuito” si incarica, inoltre, di attivare ed alternare l’Executive Attention Network e l’Imagination Network.
I processi mentali che contribuiscono all’atto creativo, quindi, coinvolgono diverse aree in entrambi gli emisferi del nostro cervello. Nel processo creativo, afferma Rex Jung, una volta definito il problema, si verifica una riduzione dell’Executive Attention Network: questo rende più agevole l’immaginazione, l’intuizione e la formazione di nuove idee da parte dell’Imagination Network. Poi, a seconda della complessità del compito e delle stimolazioni dell’ambiente, si verifica una maggiore attività dell’Executive Attention Network e del Salience Network.Queste dinamiche sono emerse anche dalla ricerca “Neural Correlates of Lyrical Improvisation: An fMRI Study of Freestyle Rap”, svolta su rapper che stavano improvvisando, coinvolgendo sia il linguaggio sia la musica, nel processo creativo.

Rispetto alla teoria della "Predominanza Emisferica", i risultati delle ricerche mostrano che ogni emisfero della corteccia cerebrale tende a specializzarsi e a presiedere a differenti funzioni; gestisce inoltre differenti tipi di informazioni e si occupa di differenti tipi di problemi. Un emisfero diventa dominante sull'altro quando svolge processi e funzioni che l'emisfero opposto non è in grado di gestire in modo altrettanto competente. Quando leggiamo, scriviamo o intavoliamo una discussione, la dominanza è riservata all'emisfero sinistro; al contrario quando disegniamo o guardiamo un'immagine, sarà l'emisfero destro ad avere dominanza su quello sinistro.
Il cervello non va comunque inteso come scisso in due parti a se stanti: cervello poeta e cervello ingegnere sono strettamente connessi tra loro, caratterizzati da un continuo scambio di informazioni e messi in comunicazione tra loro da un grosso fascio di fibre nervose, il corpo calloso, che permette al cervello di integrare le elaborazioni delle varie aree.

Anche se è un nostro diritto di nascita avere l'abilità naturale di utilizzare simultaneamente entrambe le parti del cervello, le esperienze della vita spesso fanno emergere una parte dominante in base alle specifiche situazioni.

Goldberg, neurofisiologo, ha evidenziato il ruolo dell'emisfero destro nei processi di apprendimento, mentre nell'emisfero sinistro le configurazioni ben sviluppate. Sembrano esserci i programmi stereotipati presenti nell'emisfero sinistro mentre l'emisfero destro presiederebbe all'apprendimento e alle novità. Tutto ciò che di nuovo viene elaborato dal emisfero destro verrà inviato all'emisfero sinistro che ne creerà un modello. I modelli conservati nell'emisfero sinistro sono il frutto della lavorazione effettuata dell'emisfero destro. Se non si apprende più nulla ci affidiamo ai programmi appresi in passato e che sono localizzati nell'emisfero sinistr,o e questo ha una ricaduta sull'invecchiamento cerebrale. Se da un punto di vista della specializzazione emisferica l'emisfero destro e il sinistro compiano funzioni specifiche, l'attivita' di entrambi contribuisce la nostra vita. Il vantaggio evolutivo sta nel fatto che le stesse informazioni verranno così elaborate in maniera diversa dai due emisferi, costituendo un prezioso arricchimento. Quando c'è una lesione all'emisfero destro perdiamo la capacità di riconoscere le espressioni dei volti e di associare un certo sentimento a una certa espressione. Il riconoscimento delle emozioni dell'altro dai segnali del corpo che viene meno, mandalo in frantumi l'empatia e l'intelligenza emotiva delle persone danneggiate. L'intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere le proprie ed altrui emozioni e di gestirle con empatia e consapevolezza. La separazione tra emozione e intelletto, mente e corpo è un'illusione positivista. L'emozione è un sentire prima di tutto corporeo e ha un valore cognitivo, è somatica non verbale analogica. (Erica Poli, Anatomia della Guarigione)

Quindi è diverso parlare della mente che funziona in un binario parallelo:

-digitale: codice numerico che individua su un’ordinata e un’ascissa. E’ maggiormente descrittivo. Si riferisce quindi alla quantità, allo scientifico.

-analogico: in analogia con la freccia si apre qualcosa. E’ evocativo si riferisce alla qualità. Sono due linguaggi e sono incommensurabili. La descrizione è l’involucro, l’evocazione è il contenuto. C’è bisogno di entrambi: la qualità non è una specie di quantità. La quantità  e la descrizione operano attraverso le caratteristiche di tanti anelli collegati e che se si scollegano è un problema. La qualità è analogica, è come saltare da un sasso all’altro per attraversare il fiume. Ciò non vuol dire non logico, ma per somiglianza. E’ un discorso saltellante che va dove lo porta il cuore. Sono due forme di conoscenza. Nella psicologia è fondamentale, perché si passa dall’oggettività all’intersoggettività. Perché usarne solo una? Digitale-descrittivo-pensare  e Analogico-evocativo-sentire. Nella cultura europea si è sempre posto il problema dell’essere, con l’esistenzialismo si pone il problema dell’essere nel tempo, che cambia. Poiché già ora non sono ciò che ero un momento fa (Paolo Quattrini).

Body Work- un rngraziamento al dottor Sergio Mazzei mio maestro per l'insegnamento ed i riferimenti teorici e pratici

"Il corpo è un tempio a cui bisogna bussare"

Paura, Dolore, Rabbia: Emozioni di base. Sono promotrici di evoluzione, costringono l’individuo a svilupparsi; la paura ci protegge, l’aggressività ci fa conquistare e mettere i confini, il dolore sciogliere le ferite: sono cavalli selvaggi che se governati portano all’evoluzione, diversamente ci calpestano. Con l’apertura del respiro si offre la possibilità di far uscire queste emozioni (ex movereà dall’interno all’esterno), che sono antiche, risalgono ai primi tempi della nostra vita e  portano il paziente ad un’interazione antecedente ai tre anni.

Se vengono vissuti nella relazione o riconosciuti:
Rabbia diviene potenza, assertività
Paura diventa protezione e fuga salvifica per difendere dei nostri confini
Dolore diviene motivazione ed energia per cambiare

Se vengono inibiti danno:
Rabbia:ira, odio, risentimento
Paura: panico e paranoia
Dolore: disperazione, non azione

Respirare è il primo modo per prendere contatto con l’ambiente. La funzione del respiro è automatica, ma per esempio a differenza del cuore, possiamo bloccare il respiro per qualche minuto, trattenerlo, respirare più corto più lungo …diciamo che, entro certi limiti, possiamo modificare il respiro con la volontà.  I polmoni sono i più grandi organi esterni, stanno dentro accartocciati, se li dispiegassimo occuperebbero la superficie di mezzo campo di calcio. Se blocco il respiro, libero adrenalina, il cuore batte più forte, il respiro diventa più corto, superficiale, veloce. La circolazione si concentra tra cuore e testa, il resto va in risparmio energetico per le funzioni vitali, la milza si prepara a rilasciare mezzo litro di sangue e siamo pronti per la fuga. Con questa configurazione dell’organismo possiamo non sentire dolore, possiamo camminare sui sassi e non sentire niente. Il blocco del respiro è legato all’ansia. Ci sono persone sempre in allerta che respirano costantemente col torace. Quando hanno imparato a fare così magari asserviva alla situazione, ma poi diventa un’abitudine, un adattamento, un automatismo. Per entrare in empatia con l’altro posso ricalcare il suo respiro. Con l’esperienza di iperventilazione se si ha ansia aumenta ma con una guida, si può contattarne la radice e liberarla. 

Esperienza di respirazione: Paziente sdraiato-terapeuta esercita pressioni sul torace e sulla pancia. Il corpo è il luogo di eccellenza dell’esperienza. L’approccio psicosomatico è fuorviante poiché mette insieme parole (corpo e mente) che in realtà sono già unite. La psicosomatica non ha fatto altro che contribuire a dividere l’essere umano. Perls è stata la prima persona che si è preoccupata di combattere l’alienazione del proprio corpo. A partire dal linguaggio, ci ha obbligati a riprendere possesso del proprio corpo, parlando in termini come “la mia testa, il mio stomaco, il mio fegato”, piuttosto che usare la terza persona per riferirci al nostro copro e alle sue parti: la testa, lo stomaco, il fegato. Imparare ad ascoltare i messaggi che il corpo ci invia, “ascoltarli come segnali di un amico che ci fa notare limiti e fantasie che non vogliamo vedere e che, in questo modo, ci impedisce di autoingannarci.  Una delle tecniche utilizzate è quella della drammatizzazione in cui i diversi partecipanti personificano i diversi organi stando in relazione tra loro. In generale i seminari esperienziali hanno come finalità quella di addestrare i terapeuti ad agire come Io ausiliario nei dialoghi gestaltici dei pazienti che presentano disturbi “organici”.

Intraprendere una terapia gestaltica implica fare in modo che la persona riesca ad essere consapevole della relazione di totalità che c’è tra sé, il proprio organismo, le emozioni, le aspettative e le teorie che hanno orientato la sua vita.

 Fasi del processo:

  1. Il corpo è imbalsamato, la respirazione è corta
  2. Il respiro si apre e si modifica lo schema corporeo e si attivano delle strategie difensive per proteggersi dall’esterno dentro e dall’interno. Iniziano delle contrazioni, o polarità tra spinta e trattenuta
  3. Incubazione (precontatto) sensazioni fisiche alle mani, alle labbra, vampate di calore, intorpidimento e formicolio
  4. Trembling: le emozioni spingono dall’interno e occhi, braccia, gambe tremano
  5. Più si va avanti nella respirazione e nel lavoro con il terapeuta, più le emozioni antiche rimaste intrappolate nella memoria muscolare vengono scacciate, si evocano suoni, movimenti che evocano immagini, ricordi, ecc. 

La necessità di adottare una protezione speciale per i minori è stata enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 e riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (in particolare negli artt. 23 e 24), nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (in particolare all’art. 10) e negli Statuti e strumenti pertinenti delle Istituzioni specializzate e delle Organizzazioni internazionali che si preoccupano del benessere dei minori. Importantissima al riguardo è inoltre la “Convenzione sui diritti del fanciullo” emanata a New York il 20 novembre 1989 e recepita in Italia con la Legge 27 maggio 1991, n. 176 .Tenendo presente quanto innanzitutto indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo il minore, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita. E la tutela del minore si fonda proprio sull’avvenuto riconoscimento dei diritti del minore che sono garantiti dalla legge e si sostanziano nel considerare ogni minore come individuo e come figlio. I diritti del minore individuo-figlio comportano quindi inevitabilmente per la sua famiglia il dovere di corrisponderglieli, garantendogli l’accettazione ed il rispetto della sua individualità e fornendogli un luogo il più idoneo possibile alla crescita e allo sviluppo. La tutela da parte dei Servizi pubblici è, in questo contesto, un processo di presa in carico degli interessi complessivi di un minore qualora esso appaia compromesso e danneggiato.  

Il Giudice, per il ruolo che ricopre, è per antonomasia il “Peritus peritorum”. Quando però, come a volte capita, le sole competenze in ambito giuridico non gli consentono di rispondere ad uno o più quesiti riguardanti altre discipline o ambiti, egli è tenuto a nominare, per espletare tale compito, un Esperto nell’opportuna disciplina (o più Esperti se necessario). A volte, infatti,  si può giungere ad una corretta sentenza solo grazie ad un’adeguata consulenza tecnica, e pertanto il ruolo di Esperto ausiliario del Giudice è molto importante, ed in tali casi la consulenza di un Esperto può essere determinante.

L’Esperto quindi, al pari del Giudice, deve possedere alcune caratteristiche personali come l’imparzialità, l’indipendenza e l’integrità. In ambito civile, l’esperto incaricato dal Giudice viene indicato come CONSULENTE TECNICO d’UFFICIO (C.T.U). L’opera del C.T.U., che si concretizza nella sua relazione finale, viene indicata come CONSULENZA TECNICA d’UFFICIO.

Nel processo Civile lo psicologo nominato quale consulente con specifiche competenze tecniche (art. 61 c.p.c.) viene chiamato Conculente Tecnico. La scelta da parte del Giudice può essere operata tramite gli albi dei consulenti tecnici, ferma restando la facoltà del Giudice di nominare tra le persone a lui di fiducia.

In ambito penale, l’Esperto incaricato dal Giudice viene indicato come PERITO. L’opera del Perito, che si concretizza nella sua relazione finale, viene indicata come PERIZIA. Sia in ambito penale che civile, ove l‘Esperto sia stato invece incaricato dai legali direttamente nominati da una delle parti (vale a dire, nell'ambito penale, dal difensore dell'imputato o da altra parte), egli sarà sempre indicato come “C.T.P.” (ossia “Consulente Tecnico di Parte”).  “Consulenza” sarà a sua volta definita l'attività che egli avrà svolto e successivamente racchiuso nella sua relazione finale (che verrà propriamente denominata “Consulenza Tecnica di Parte”). 

Nell'ambito Civile, se una delle parti ritiene che il Giudice debba avvalersi dell’opera di un Esperto, deve chiedere al Giudice di attivare tale opportunità. Può anche essere il Giudice stesso a decidere autonomamente di avvalersi dell’opera di un Esperto, sulla base di varie norme sia del Codice di procedura civile sia delle sue disposizioni di attuazione. Il Giudice, se valuta di avvalersi di tale ausilio, dispone l'incarico e procede alla nomina del C.T.U. (art.191 C.P.C., affine all'articolo 221 C.P.P. che riguarda invece la nomina di un Perito nell'ambito del processo penale). 

Lo psicologo, esperto in psicologia giuridica (d’ora in avanti l’esperto), nell’ascolto del minore, sia in ambito peritale che di audizione protetta, deve interpretare chiaramente il proprio ruolo in senso clinico-forense distinguendolo sia dall’attività investigativa, propria del sistema giudiziario, sia da quella psicoterapeutica che, essendo necessaria al fine di garantire la tutela psicologica del minore che dovrà affrontare un iter giudiziario impegnativo, potrà essere parallela al processo di valutazione peritale in ogni stato e grado del procedimento penale. 

Non conseguono per l’esperto Psicologo differenze sostanziali dal punto di vista deontologico, anche se rilevanti sono invece le differenze che si determinano dal punto di vista legale. La Consulenza Tecnica e la Perizia, in sintesi, rappresentano alcune delle possibili fonti di convincimento del Giudice. La correttezza delle procedure e la coerenza metodologica e deontologica sono requisiti fondamentali.

Occorre sempre in primo luogo, da parte del tecnico esperto, definire con la maggiore esattezza possibile il campo della propria attività consulenziale, in particolare ponendo particolare attenzione alla necessità dell’individuazione di una precisa risposta allo specifico quesito postogli dal Giudice così come quest’ultimo gliel’ha testualmente formulato. Al riguardo, è sicuramente importante che lo Psicologo che opera in ambito forense possieda le “conoscenze” indispensabili per essere un buon tecnico. Ma non meno importanti sono le “condizioni obiettive” necessarie affinché il suo mandato possa essere espletato nel migliore dei modi: egli deve, perciò, saperle riconoscere, valutare ed eventualmente, se necessario, modificare. Il Consulente d’ufficio, in ragione di quanto da egli stesso accertato, può determinare azioni giudiziarie che andranno a ripercuotersi nella sfera dei diritti patrimoniali e, soprattutto, personali di determinati soggetti, sotto i profili civile e penale. Il Consulente d’ufficio, quindi, deve rispondere ai limiti che gli provengono sia da quanto sancito dalla legge, sia da forti esigenze etico-morali, che si manifestano principalmente nell’adesione a un “codice” deontologico che deve pertanto essere inciso non solo nella sua coscienza di “professionista”, ma anche nella sua coscienza in qualità di “essere umano”. La deontologia che si applica all'esperto che opera per la ricerca della verità e della giustizia non varia, nei suoi principi di fondo, sulla base del fatto che si tratti di un’indagine esperita nell'ambito penale o in sede civile.

Argomenti di Psicologia Forense Penale di cui mi occupo

Le forme di maltrattamento fisico e/o emotivo, di abuso sessuale, trascuratezza e abbandono, di commercio o qualunque forma di sfruttamento all'interno di una relazione di responsabilità, fiducia o potere, che risultino realmente dannose alla salute, allo sviluppo e alla sopravvivenza del minore (violenza fisica, maltrattamento psicologico, violenza assistita, trascuratezza, patologia delle cure, abuso sessuale) ; 

L’esperto deve saper differenziare il concetto di attendibilità giudiziaria dal concetto di attendibilità clinica della testimonianza, ricordando che non è competenza del clinico la ricerca della verità o, comunque, della certezza della prova legata al fatto/reato. Il parere, ovvero la valutazione diagnostica dello psicologo che opera in ambito forense è sempre correlata alla valutazione clinica in quanto quella investigativa e giudiziaria non riguarda paradigmi né metodologie psicologico-forensi. Nell’esercizio delle sue funzioni all’interno del contesto giudiziario, lo psicologo deve avere la capacità di integrare tra loro due connotazioni di ruolo e di funzioni diverse: quella d’aiuto, propria della professione psicologica, che si svolge sotto il principio di beneficità e del consenso informato dell’utente; quella strettamente giuridica che si svolge sotto il principio di legalità. Ciò significa che, oltre ad operare in modo deontologicamente corretto utilizzando metodi, tecniche e strumenti che siano riconosciuti dalla comunità scientifica di riferimento (art. 5 Codice Deontologico degli Psicologi) e che risultino adeguati e confacenti alle varie fasi dell’età evolutiva, lo psicologo, per la specificità e complessità del settore minorile del diritto, non deve equiparare lo psichismo e l’organizzazione cognitiva di un minore con quella di un adulto. L’organizzazione spazio-temporale e mnemonica del minore, le modalità di testimoniare e la formazione dei ricordi, in riferimento alla prima e seconda infanzia, sono specifiche della fase evolutiva in cui il minore si trova.

 Argomenti di Psicologia Forense Civile  e Civile Minorile di cui mi occupo

 valutazione del danno alla persona; conflitti familiari: ad es. nell’esercizio della potestà genitoriale, sull’indirizzo della vita familiare ecc.;ablazione e limitazione della potestà genitoriale;affidamenti eterofamiliari;adozione: stato di abbandono, idoneità genitoriale;

La genitorialità è una funzione processuale composita, risultato dell’interazione fantasmatica e reale tra quel particolare figlio- con bisogni specifici legati all’età- e quel genitore, diversa in ogni momento della vita, se pure con una sua stabilità di fondo;essa ha a che fare, quindi, non solo con l’osservazione del qui ed ora della relazione che il genitore ha costruito con il figlio ma anche con l’infanzia del genitore stesso e quindi con le influenze tra le generazioni. È funzione processuale, contestuale, relazionale, storica e pre-esistente alla nascita del figlio. È, altresì, il risultato di una relazione sempre almeno triadica ed è condizionata dai modelli culturali, dalla personalità del genitore, dalle relazioni che egli stesso ha avuto come figlio, dalla coniugalità e cogenitorialità della specifica coppia nonché dal temperamento e da eventuali e specifiche problematiche riguardanti i minori e relative alle diverse fasi evolutive.La cosiddetta “valutazione della genitorialità” è una complessa attività che deve tener conto di diversi parametri, maturata in un’area di ricerca multidisciplinare che valorizza i contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia della famiglia, della psicologia sociale e giuridica e della psichiatria forense.  Intesa in senso ampio riguarda due versanti, genitori e bambino, ed ovviamente la loro relazione.