La necessità di adottare una protezione speciale per i minori è stata enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 e riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (in particolare negli artt. 23 e 24), nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (in particolare all’art. 10) e negli Statuti e strumenti pertinenti delle Istituzioni specializzate e delle Organizzazioni internazionali che si preoccupano del benessere dei minori. Importantissima al riguardo è inoltre la “Convenzione sui diritti del fanciullo” emanata a New York il 20 novembre 1989 e recepita in Italia con la Legge 27 maggio 1991, n. 176 .Tenendo presente quanto innanzitutto indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo il minore, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita. E la tutela del minore si fonda proprio sull’avvenuto riconoscimento dei diritti del minore che sono garantiti dalla legge e si sostanziano nel considerare ogni minore come individuo e come figlio. I diritti del minore individuo-figlio comportano quindi inevitabilmente per la sua famiglia il dovere di corrisponderglieli, garantendogli l’accettazione ed il rispetto della sua individualità e fornendogli un luogo il più idoneo possibile alla crescita e allo sviluppo. La tutela da parte dei Servizi pubblici è, in questo contesto, un processo di presa in carico degli interessi complessivi di un minore qualora esso appaia compromesso e danneggiato.  

Il Giudice, per il ruolo che ricopre, è per antonomasia il “Peritus peritorum”. Quando però, come a volte capita, le sole competenze in ambito giuridico non gli consentono di rispondere ad uno o più quesiti riguardanti altre discipline o ambiti, egli è tenuto a nominare, per espletare tale compito, un Esperto nell’opportuna disciplina (o più Esperti se necessario). A volte, infatti,  si può giungere ad una corretta sentenza solo grazie ad un’adeguata consulenza tecnica, e pertanto il ruolo di Esperto ausiliario del Giudice è molto importante, ed in tali casi la consulenza di un Esperto può essere determinante.

L’Esperto quindi, al pari del Giudice, deve possedere alcune caratteristiche personali come l’imparzialità, l’indipendenza e l’integrità. In ambito civile, l’esperto incaricato dal Giudice viene indicato come CONSULENTE TECNICO d’UFFICIO (C.T.U). L’opera del C.T.U., che si concretizza nella sua relazione finale, viene indicata come CONSULENZA TECNICA d’UFFICIO.

Nel processo Civile lo psicologo nominato quale consulente con specifiche competenze tecniche (art. 61 c.p.c.) viene chiamato Conculente Tecnico. La scelta da parte del Giudice può essere operata tramite gli albi dei consulenti tecnici, ferma restando la facoltà del Giudice di nominare tra le persone a lui di fiducia.

In ambito penale, l’Esperto incaricato dal Giudice viene indicato come PERITO. L’opera del Perito, che si concretizza nella sua relazione finale, viene indicata come PERIZIA. Sia in ambito penale che civile, ove l‘Esperto sia stato invece incaricato dai legali direttamente nominati da una delle parti (vale a dire, nell'ambito penale, dal difensore dell'imputato o da altra parte), egli sarà sempre indicato come “C.T.P.” (ossia “Consulente Tecnico di Parte”).  “Consulenza” sarà a sua volta definita l'attività che egli avrà svolto e successivamente racchiuso nella sua relazione finale (che verrà propriamente denominata “Consulenza Tecnica di Parte”). 

Nell'ambito Civile, se una delle parti ritiene che il Giudice debba avvalersi dell’opera di un Esperto, deve chiedere al Giudice di attivare tale opportunità. Può anche essere il Giudice stesso a decidere autonomamente di avvalersi dell’opera di un Esperto, sulla base di varie norme sia del Codice di procedura civile sia delle sue disposizioni di attuazione. Il Giudice, se valuta di avvalersi di tale ausilio, dispone l'incarico e procede alla nomina del C.T.U. (art.191 C.P.C., affine all'articolo 221 C.P.P. che riguarda invece la nomina di un Perito nell'ambito del processo penale). 

Lo psicologo, esperto in psicologia giuridica (d’ora in avanti l’esperto), nell’ascolto del minore, sia in ambito peritale che di audizione protetta, deve interpretare chiaramente il proprio ruolo in senso clinico-forense distinguendolo sia dall’attività investigativa, propria del sistema giudiziario, sia da quella psicoterapeutica che, essendo necessaria al fine di garantire la tutela psicologica del minore che dovrà affrontare un iter giudiziario impegnativo, potrà essere parallela al processo di valutazione peritale in ogni stato e grado del procedimento penale. 

Non conseguono per l’esperto Psicologo differenze sostanziali dal punto di vista deontologico, anche se rilevanti sono invece le differenze che si determinano dal punto di vista legale. La Consulenza Tecnica e la Perizia, in sintesi, rappresentano alcune delle possibili fonti di convincimento del Giudice. La correttezza delle procedure e la coerenza metodologica e deontologica sono requisiti fondamentali.

Occorre sempre in primo luogo, da parte del tecnico esperto, definire con la maggiore esattezza possibile il campo della propria attività consulenziale, in particolare ponendo particolare attenzione alla necessità dell’individuazione di una precisa risposta allo specifico quesito postogli dal Giudice così come quest’ultimo gliel’ha testualmente formulato. Al riguardo, è sicuramente importante che lo Psicologo che opera in ambito forense possieda le “conoscenze” indispensabili per essere un buon tecnico. Ma non meno importanti sono le “condizioni obiettive” necessarie affinché il suo mandato possa essere espletato nel migliore dei modi: egli deve, perciò, saperle riconoscere, valutare ed eventualmente, se necessario, modificare. Il Consulente d’ufficio, in ragione di quanto da egli stesso accertato, può determinare azioni giudiziarie che andranno a ripercuotersi nella sfera dei diritti patrimoniali e, soprattutto, personali di determinati soggetti, sotto i profili civile e penale. Il Consulente d’ufficio, quindi, deve rispondere ai limiti che gli provengono sia da quanto sancito dalla legge, sia da forti esigenze etico-morali, che si manifestano principalmente nell’adesione a un “codice” deontologico che deve pertanto essere inciso non solo nella sua coscienza di “professionista”, ma anche nella sua coscienza in qualità di “essere umano”. La deontologia che si applica all'esperto che opera per la ricerca della verità e della giustizia non varia, nei suoi principi di fondo, sulla base del fatto che si tratti di un’indagine esperita nell'ambito penale o in sede civile.

Argomenti di Psicologia Forense Penale di cui mi occupo

Le forme di maltrattamento fisico e/o emotivo, di abuso sessuale, trascuratezza e abbandono, di commercio o qualunque forma di sfruttamento all'interno di una relazione di responsabilità, fiducia o potere, che risultino realmente dannose alla salute, allo sviluppo e alla sopravvivenza del minore (violenza fisica, maltrattamento psicologico, violenza assistita, trascuratezza, patologia delle cure, abuso sessuale) ; 

L’esperto deve saper differenziare il concetto di attendibilità giudiziaria dal concetto di attendibilità clinica della testimonianza, ricordando che non è competenza del clinico la ricerca della verità o, comunque, della certezza della prova legata al fatto/reato. Il parere, ovvero la valutazione diagnostica dello psicologo che opera in ambito forense è sempre correlata alla valutazione clinica in quanto quella investigativa e giudiziaria non riguarda paradigmi né metodologie psicologico-forensi. Nell’esercizio delle sue funzioni all’interno del contesto giudiziario, lo psicologo deve avere la capacità di integrare tra loro due connotazioni di ruolo e di funzioni diverse: quella d’aiuto, propria della professione psicologica, che si svolge sotto il principio di beneficità e del consenso informato dell’utente; quella strettamente giuridica che si svolge sotto il principio di legalità. Ciò significa che, oltre ad operare in modo deontologicamente corretto utilizzando metodi, tecniche e strumenti che siano riconosciuti dalla comunità scientifica di riferimento (art. 5 Codice Deontologico degli Psicologi) e che risultino adeguati e confacenti alle varie fasi dell’età evolutiva, lo psicologo, per la specificità e complessità del settore minorile del diritto, non deve equiparare lo psichismo e l’organizzazione cognitiva di un minore con quella di un adulto. L’organizzazione spazio-temporale e mnemonica del minore, le modalità di testimoniare e la formazione dei ricordi, in riferimento alla prima e seconda infanzia, sono specifiche della fase evolutiva in cui il minore si trova.

 Argomenti di Psicologia Forense Civile  e Civile Minorile di cui mi occupo

 valutazione del danno alla persona; conflitti familiari: ad es. nell’esercizio della potestà genitoriale, sull’indirizzo della vita familiare ecc.;ablazione e limitazione della potestà genitoriale;affidamenti eterofamiliari;adozione: stato di abbandono, idoneità genitoriale;

La genitorialità è una funzione processuale composita, risultato dell’interazione fantasmatica e reale tra quel particolare figlio- con bisogni specifici legati all’età- e quel genitore, diversa in ogni momento della vita, se pure con una sua stabilità di fondo;essa ha a che fare, quindi, non solo con l’osservazione del qui ed ora della relazione che il genitore ha costruito con il figlio ma anche con l’infanzia del genitore stesso e quindi con le influenze tra le generazioni. È funzione processuale, contestuale, relazionale, storica e pre-esistente alla nascita del figlio. È, altresì, il risultato di una relazione sempre almeno triadica ed è condizionata dai modelli culturali, dalla personalità del genitore, dalle relazioni che egli stesso ha avuto come figlio, dalla coniugalità e cogenitorialità della specifica coppia nonché dal temperamento e da eventuali e specifiche problematiche riguardanti i minori e relative alle diverse fasi evolutive.La cosiddetta “valutazione della genitorialità” è una complessa attività che deve tener conto di diversi parametri, maturata in un’area di ricerca multidisciplinare che valorizza i contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia della famiglia, della psicologia sociale e giuridica e della psichiatria forense.  Intesa in senso ampio riguarda due versanti, genitori e bambino, ed ovviamente la loro relazione.