“L’importante non è quello che hanno fatto di me,
ma ciò che io faccio di ciò che hanno fatto di me”
J.P.Sartre                                                                                               

Nel mio studio si fa esperienza, che è condivisa nella relazione. Il paziente non è un oggetto di osservazione, ma un soggetto che interagisce con il terapeuta, senza distinzioni sano-malato (paziente significa infatti "colui che soffre"). Quando l’esperienza nella relazione tra paziente e terapeuta produce qualcosa di buono è possibile che il paziente possa muoversi in modo diverso nel mondo. Non si tratta di semplificare l’esistenza, ma di adattarsi ad una vita che è complicata, utilizzando modalità differenti da quelle che abbiamo adottato fino a poco prima. Il passaggio è dal sostegno all’autosostegno. Il terapeuta è un ponte tra il paziente e se stesso e desidero autonomia, non dipendenza. L’obiettivo terapeutico consiste nel desiderare e immaginare uno spazio che non vede; per progetto terapeutico intendo quindi ciò desidero ed immagino per i miei pazienti, nel vedere un orizzonte possibile per loro. Il nucleo del processo terapeutico è il CONTATTO: Attraverso la conoscenza delle modalità con cui il paziente e il terapeuta entrano in contatto nel “qui e ora” dell’incontro terapeutico si può stabilire il rapporto di fiducia necessario per la crescita e favorire l’esperienza di cambiamento, ossia di ampliamento e arricchimento della percezione dei confini dell’io.
“Le persone sono convinte, spesso, di dover diventare diverse da come sono, di essere sostanzialmente sbagliate e di dover diventare giuste, e molti consumano inutilmente anni per perseguire questo scopo. In realtà il buon senso mostra come le persone sono quel che sono e non possono cambiare quel che sono: possono invece cambiare ciò che fanno e fare infinite cose diverse” (cit. Quattrini P.,2007)
Ci troviamo quotidianamente in contatto con situazioni non completate, lasciando a metà un’azione o un desiderio, e solo quando queste diventano sufficientemente potenti ci assalgono con preoccupazioni, atti compulsivi o autodistruttivi, diffidenza, sintomi, ecc; tutti stati non legati alla situazione attuale, ma elementi stratificati ed oppressivi del passato.

La Psicoterapia della Gestalt focalizza l’attenzione sulla parte mancante, omessa, negata o bloccata, che è quella che permette, una volta reintegrata nella coscienza, al ciclo di chiudersi. La maggior parte degli individui riesce a contenere molte situazioni incompiute, perché nella vita sono inevitabili. Ciònondimeno queste situazioni non completate, quando diventano così forti e potenti assalgono l’individuo con preoccupazioni, comportamenti compulsivi, energia oppressiva ed attività autodistruttive. La psicoterapia accompagna il viaggiatore, gli mostra i suoi inciampi richiamandolo alla responsabilità nei confronti dei suoi bisogni e dei suoi desideri. Spesso le persone rinunciano ai propri sogni : l’aiuto è nell’aiutare a dare forme al comportamento che non siano al di fuori della portata delle loro possibilità ed anche ad operare sacrifici narcisistici accettabili e vantaggiosi. Ci sono varie possibilità e ognuna ci offre degli spunti per lavorare, per riconoscere ciò che è ed utilizzare l’esperienza -mito come un mezzo di trasporto che ci consenta di esplorare altre possibilità, anziché esserne inghiottiti.

Lavoro sul presente: passato e futuro non esistono, non più e non ancora...possono essere rispettivamente bagagli da cui attingere o scenari per progettare ma se ci si fa inghiottire dalle fantasie, future o passate difficilmente si è in grado di gestire le situazioni.
L'ACCOGLIMENTO iniziale che è una specie di maternage dove deve succedere di stabilire cosa la persona vuole ed emerge una figura della situazione emozionale di quella persona nel momento della seduta o della sua fase esistenziale. Quando la persona è consapevole di come sta deve prendersi la REPONSABILITA' di cosa vuole rispetto a quello stato emotivo con cui ha preso contatto. Responsabilità e prospettiva, in quanto se dici quello che vuoi sei in una prospettiva. Fase dell’ESPERIENZA. Lì con il Terapeuta la persona è nella condizione di fare qualcosa che implica un cambiamento di stato rispetto allo stato iniziale.Fase della VERIFICA: si verifica che questa esperienza abbia aperto una prospettiva realmente diversa.
 
Lavoro sulle polarità
Con il lavoro sulle polarità si ricerca l’integrazione delle polarità complementari di ogni comportamento umano (es. aggressività/tenerezza, mascolinità/femminilità), anziché che l’eliminazione dell’una rispetto all’altra, o la ricerca illusoria di un non adeguato “stare in mezzo”, di sentimenti contraddittori e attutiti. Non si tratta di scegliere necessariamente fra due o più opposti, ma tentare di armonizzarli, considerando i vantaggi dei diversi punti di vista complementari. La sedia calda è la tecnica che favorisce l’incontro intra-personale e consiste nel portare in contatto uno con l’altro i sub sé di una persona, richiedendole di interpretarne a turno i ruoli e di far parlare le parti l’uno con l’’altro. L’incontro non deve degenerare in una discussione intellettuale o in uno scambio di accuse e difese. Il contatto tra i sub sé deve essere portato avanti a livello dei sentimenti.L’integrazione tra queste due parti sarà possibile solo quando cesserà il bisogno di controllo reciproco tra le due parti. Il sintomo è simile ad una caduta energetica. Il lavoro consiste nel portare le persone dal sintomo alla sintesi, ricercata attraverso al creatività (vuoto fertile). Nella sedia calda bisogna chiedere sempre: “tu cosa vuoi da lui?” perché il volere crea il campo di forze. Nell’interiorizzazione del conflitto bisogna passare da io che dipendo da qualcosa a io che dipendo da me stesso. L’interiorizzazione del conflitto è l’inizio della sedia calda. Di lì in poi inizia il lavoro che consiste in negoziazioni più costruttive tra le varie posizioni. Fra tesi e antitesi è necessario inventare una terza posizione che le contiene entrambe.

In particolare mi viene in mente un passo di un libro di Natalia Ginzburg  “Tutti i Nostri Ieri”:
    “Emilio allora chiese se era un essere libero chi non pensava. E Cenzo Rena gli disse di non dire cose sceme.
    Era libero chi accettava di vivere quel che c’era da vivere. Era libero chi faceva dei suoi pensieri salute e ricchezza,
   non chi ne faceva una trappola per caderci strozzato” .

 

 

[1] Gestalt: in tedesco significa forma dotata di senso: vuol dire esattamente l’insieme, il quale è più della somma delle parti (P.Quattrini, 2007).