(approfondire nell'articolo Enneagramma)

In ambito filosofico "persona" deriva dal latino persōna persōnam derivato probabilmente dall'etrusco "personaggi mascherati". Tale termine etrusco sarebbe ritenuto un adattamento del greco dove indica il volto dell'individuo ma anche la maschera dell'attore e il personaggio da esso rappresentato.Con lo Stoicismo il termine "persona" iniziò ad indicare l'essere umano che ha un ruolo nel mondo affidatogli dal suo destino. A partire da Tertulliano (155-230) il termine latino "persona" occorre a descrivere la Trinità[10]: "una sostanza (una substantia), tre persone (tres personae). 

Con il termine personalità si intende l'insieme delle caratteristiche psichiche e delle modalità comportamentali (inclinazioni, interessi, passioni) che definiscono il nucleo delle differenze individuali, nella molteplicità dei contesti in cui la condotta umana si sviluppa. «La personalità è la più o meno stabile e durevole organizzazione del carattere (persona o maschera), del temperamento, dell'intelletto e del fisico di una persona: organizzazione che determina il suo adattamento totale all'ambiente. » quel modo relativamente stabile e particolare di organizzare gli elementi cognitivi, emotivi e senso-motori della nostra esperienza che formano la nostra identità” E’ l’idea che ci siamo fatti di noi stessi attraverso le nostre esperienze di vita. E’ il modo in cui ci rappresentiamo, la nostra immagine interna che vuol dire la somma delle esperienze di vita che abbiamo accumulato e che hanno creato il nostro senso di identità che ci permette di riconoscerci e di integrare le nostre esperienze e questa è in continua evoluzione.
Quindi il carattere è una parte della personalità non coincide con essa

Avete presente i bambini? Qual è la loro caratteristica fondamentale? La dipendenza per sopravvivere. Negli orfanotrofi americani vi fu una ricerca: i bambini morivano di marasma perché cambiava continuamente il datore di cura. Ma perché "dipendente" proprio dalla mamma? Perché fra i due c’è un legame, cioè un attaccamento, perché sperabilmente la madre gli dia da mangiare (sperabilmente perché da adulti ci attacchiamo lo stesso nonostante il cibo). L’attaccamento "appiccica" due così sono vicini.

Ci sono un sacco di leggende che parlano di ponti;  ecco che la prima persona che incontriamo sul ponte è quella investita dall’attaccamento, come l’imprinting per Konrad Lorenz, Di troppo attaccamento si può morire, perché c’è differenza tra appartenere (tenere per una squadra) e partecipare (avere scambio), quella differenza che risiede nella qualità della vita; se uno partecipare non appartiene ed il ponte è migliore.

Gli attaccamenti insicuri non usano tutti e tre gli istinti di base, fuga, territorio e sesso, ma ci specializziamo in uno stile:

1) L'ambivalente dice: "Quale separazione?" E' pervaso da angoscia di separazione, paura dell’abbandono, difficoltà a lasciare ed essere lasciati. Si aggrappa. Non evita ma ne fa una bomba atomica. La vicinanza è vitale, “stai dalla mia parte”, "dimmi che sono bella, brava ecc.". "Perché mi tratti così male?" Dovrebbero sviluppare "umiltà" di sbagliare, di chiedere, di farsi vedere fragili, veridicità e autenticità anche se non tutto funziona ed equanimità di accettare che il mondo è ingiusto a valorizzare quello che hanno, dire "non mi piace" e mostrare i difetti.

2) L' Evitante dice: "c’è stata una separazione, ma facciamo con quello che c’è".C’è ritiro o fuga. Chi non evita non sopravvive, ma se si evita per la paura si evitano le conseguenze che l’attaccamento implica, aggressività compresa. Dovrebbero sviluppare distacco dell’aderenza a sé, il coraggio di accorgersi dove stanno i pericoli.

3) Il Disorganizzato dice: "c’è altro da fare". Non sapendo come reagire e non riconoscendo l'autorità della madre sostituisce la qualità del legame con il fare. Non è legato al bisogno di nutrimento ma di protezione, agisce sulla realtà con-creta.Chi fa troppo si dimentica dei suoi bisogni, non riconosce la madre come più grande di lui quindi la relazione non è mai stabile. E' incongruo, parla d’altro, si attiva nel fare, è disilluso. Nel mettere ordine nel mondo vorrebbe renderlo perfetto, organizzarlo e poiché non lo è, sviluppa ira. I disorganizzati dovrebbero sviluppare la serenità di mollare la presa, riconoscere i loro bisogni, l'innocenza di stare nel mondo con quello che c’è. Evitante e Disorganizzato evitano la vicinanza perché non la reggono. 

L’attaccamento é anche innamoramento, ed è fondante di quella che sarà la relazione con l’altro, della nostra configurazione caratteriale, di quello che ci aspettiamo dall’altro. E’ una ricerca d’amore perché è quello che l’essere umano vuole esistenzialmente, se non c’è amore moriamo, come nella depressione.

Il Sentimento è caratterizzato da intensità emotiva: “sentono” nel bene e nel male. Ad un gruppo si chiedono: "Come mi sono sentita? Mi è piaciuto? Belle persone!". Sono amati se sono adorati, riconosciuti, gratificati, presi in carico. Orgoglio, vanità, invidia sono i loro vizi.
L'Azione fa delle cose per e con le persone. L’azione trasforma il mondo e si può controllarne il risultato (che ci ubbidisca o il contrario); amministrano con l’utilità. Ad un gruppo si chiedono: "è stato pieno di stimoli, utile?", dicono spesso “basta che funzioni! O così o così, adesso trovo una soluzione”.
Sono amati se sono presenti, utili, perfetti, spiegano la loro verità, oppure usano la sottomissione. Sottomissione, Accidia, Ira sono i loro vizi.
I Pensiero vogliono essere capiti, evitano astraendosi dall’emozione perché capire rende più sopportabile la cosa. Ad un gruppo escono e si chiedono "ho capito? Era logico?".Causa/effetto. Sono amati se sono compresi, capiti, lasciati in pace, perdonati, se hanno consenso e indulgenza, permesso dall’altro. Avarizia, Paura, Gola sono i loro vizi.

Qual è l’obiettivo della terapia o percorso di vita? Smettere di nutrire il carattere e fare cose diverse. DISIDENTIFICARSI. Adattarci in modo creativo. Ricordo che il carattere dell’attaccamento è COME SIAMO non COSA SIAMO differenza tra persona e personalità, che cambia. Perché non conta quello che uno è ma quello che fa. E’ un impegno, uno sforzo e bisogna fare esperienza, far accadere la relazione io-tu non io con me.

Rif. Attaccamento e Perdita John Bowlby, Giovanni Paolo Quattrini